Figure Mitologiche

La danza delle Muse

Legno: tronco di ulivo
Origine: Rodi
Anno: 2008

Le Mousai: le Muse (– “la gioia” – in origine tre, successivamente nove), figlie di Zeus e di Mnemosyne (personificazione della Memoria, della Cultura, del Bello), danzano sul monte Elicona.
Kalliòpe (Callìope), “dalla bella voce”, musa della poesia epica, anche della poesia in genere;
Kleiò (Clìo), “colei che rende celebri”, la musa della storia;
Eutèrpe, “colei che diletta”, la musa della danza;
Erato, “colei che provoca il desiderio”, musa della poesia amorosa, anche della geometria;
Polùmnia, “ricca di canti”, la musa della scienza e della letteratura;
Melpoméne, “la cantante”, la musa della tragedia e della lirica;
Uranìa, “la celeste”, la musa dell’astronomia;
Terpsichòre, “colei che si allieta della danza”, musa della danza;
Zàleia (Thalìa), “la rigogliosa”, musa della poesia comica, della commedia.

I miti continuano ad abitare i nostri sogni e le nostre passioni, le nostre angosce: il mito produce una fuga di senso che si allontana dal codice di origine, dal luogo e dal nome e conduce ad altri significati, a verità “altre”.
La ragione ordinatrice non ha qui luogo; pertanto, nessuno si faccia tentare dall’ambizione di esplorare o di descrivere. Lo scultore non dà, infatti, al fruitore della sua opera riscontri precisi, preferendo che ognuno ricerchi nelle figure, e nel loro insieme, quello che più lo ispira nel tentativo di mettersi in colloquio con la visione dell’artista. Il mito è “parola che parla, che evoca”; il mito è una “via”, ma dove si giunge non è scritto da nessuna parte. Chi si ferma all’”arido vero”, è persona “sine ulla musa”, senza genio, senza talento.
Al di sopra delle figure femminili è posto un Olimpo fantastico, al centro del quale sta la rappresentazione di Zeus, che propone un volto seminascosto, proprio perché, secondo l’antico mito, il padre degli dei e degli uomini si è manifestato nei modi più diversi.
Dalla sua testa ecco nascere Athena, che, con l’indice teso verso terra, indica dove sull’Acropoli di Atene sgorgherà l’acqua miracolosa. Da un lato è il volto di Apollon, dio della luce e del canto (ha in mano la “lyra”), che dice riferimento alla statua di Dafne; dall’altro lato sono Posèidon e l’aquila di Zeus, la stessa che punisce l’orgoglioso eroe Prométeo; e Ares, il dio della guerra e delle contese, che imbraccia scudo e lancia. Tra tutti costoro, intermediario tra cielo e terra, appare il volto di Hermés, dio dalla parola facile, inventore della “lyra”, datore di prosperità e di ricchezza.

Testo di Paolo Bottero


Icaro

Legno: albero di ulivo
Origine: Rodi
Anno: 2002

Icaro, che era antica raffigurazione di una deità solare, venne dal mito riferito quale figlio di Dedalo, il grande inventore.  Per fuggire da Cnosso ove re Minosse li teneva prigionieri, padre e figlio si affidarono a delle ali tenute assieme dalla cera. Icaro incominciò a volare, inebriato dalla velocità che le grandi ali imprimevano al suo corpo, dirigendosi sempre più in alto verso il sole, il cui calore però sciolse la cera.
Icaro precipitò nel mare sottostante, annegandovi.
Interpretato in svariati modi, il mito di Icaro è rappresentato dall’artista nel momento supremo dello  sforzo immane per uscire dall’animalità propria dell’uomo, cercando di librarsi oltre la terrestrità. 

Testo di Paolo Bottero


Efesto

Legno: albero di ciliegio
Origine: Valle Stura
Anno: 2009

Efesto, secondo il mito greco, era stato generato dalla dea Era per partenogenesi; era il dio fabbro che in una grotta sottomarina aveva impiantato la sua officina; brutto e di cattivo carattere, ma signore del fuoco della Terra.
I vulcani erano ritenuti nell’antichità le fucine del dio.
Nel gruppo scultoreo l’artista propone altresì l’immagine dell’eroe Achille con la lancia e con lo scudo, opera meravigliosa di Efesto che li forgiò su richiesta di Teti, la madre dell’eroe tessalo (vedi quanto racconta Omero nell’Iliade). Teti era la dea marina che aveva raccolto amorevolmente  Efesto fanciullo, scagliato sulla terra dall’olimpico Zeus.

Testo di Paolo Bottero


Prometeo

Legno: albero di ulivo
Origine: Rodi
Anno: 2009

Lo scultore raffigura il mitico Prometeo, che l’ira vendicativa di Zeus ha condannato ad essere incatenato

al punto estremo della terra…in solitudine deserta…con ferri indissolubili…sovra l’alta cima, ove né voce né forma d’uomo mirerai: riarso dalla viva fiamma del sole…del danno presente la gravezza sempre ti struggerà, né ancora è nato chi ti consoli…; a questa rupe farai la guardia…insonne…molte grida levando e vani gemiti…”

(come racconta Eschilo nella tragedia “Prometeo incatenato”).
Prometeo, il “preveggente” dall’acuto ingegno, fratello di Atlante e di Epimetèo, inteso dal mito antico quale creatore del genere umano,  volendo migliorare le misere sorti degli uomini pose “cieche speranze nel cuor d’essi”, rendendo “i mortali ignari di lor sorte”; quindi, rubò agli dèi il fuoco e lo donò ai mortali: trafugò “in uno stelo la sorgente del fuoco, che di tutte arti maestra, meraviglioso dono all’uomo appare”. Con il fuoco, egli elargì anche i doni delle arti e delle scienze.
Ma Zeus, invidioso delle capacità e del potere degli uomini, avverso alla stirpe umana che desiderava distruggere perché “si persuada che non deve stimarsi pari a Zeus”, lo punì esemplarmente per vendicarsi di essere stato ingannato: lo fece incatenare da Efesto su una rupe deserta della Scizia, dove ogni giorno l’aquila di Zeus giungeva a mangiargli il fegato, sempre rinascente.
L’umiliazione e lo strazio generarono una violenta collera nell’animo di Prometeo, “il peggiore nemico degli dèi” che divenne un irriducibile ribelle contro l’ingiustizia del signore degli dèi, che pure aveva aiutato nella sua lotta contro i Titani. La liberazione di Prometeo sarà opera di Eracle che, a distanza di trenta millenni, con le sue frecce infallibili ucciderà l’aquila di Zeus, facendone crollare il potere.
Con realismo estremo, l’artista “vede” l’urlo di dolore e di furore vendicativo di Prometeo, mentre l’aquila di Zeus spaventosamente rode il fegato del condannato. La gigantesca fisicità della figura umana dice relazione alla straordinaria forza dell’intelligenza dell’uomo capace di liberarsi dalle catene dei suoi limiti materiali per proporsi protagonista della propria esistenza.

Testo di Paolo Bottero


Poseidone

Legno: albero di ulivo
Origine: Rodi
Anno: 2005

Il gruppo scultoreo raffigura Poseidone, di cui è evidenziato il carattere cupo e litigioso, che emerge dagli abissi marini accompagnato da Anfitrite o da Athina e da Pasife la signora di Creta, portata in trionfo dai pesci.
Le due donne dicono relazione ai due miti del patriarcato e del matriarcato rispettivamente affermatisi in Atene e nell’isola di Creta.
I polpi, raffiguranti i mostri marini che emergono dalle onde e accompagnano il dio del mare,  sono al tempo stesso i guardiani del regno degli abissi e tengono prigioniere le due donne dominate dal dio.

Testo di Paolo Bottero


La metamorfosi di Afrodite

Legno: tronco di quercia
Origine: Normandia (Francia)
Anno: 2012

“Afrodite dispiega le ali
mostrando la bellezza e la gioia
di viviere che libera
l’umanità dalla prigione
del male di esistere.”

Testo di Mirna Zeli

Dafne

Legno: albero di ulivo
Origine: Rodi
Anno: 2000

Lo scultore  rappresenta Dafne nel momento in cui, per prodigiosa metamorfosi, sta per essere trasformata nell’albero dell’alloro.
Narra il mito antico: Dafne, la ninfa dei monti, sacerdotessa della Madre Terra e figlia del fiume Peneo di Tessaglia, inseguita dal dio Apollo che l’amava follemente, ma che era da lei respinto, mentre stava per essere raggiunta invocò la Madre Terra che la sottrasse ad Apollo trasformandola in albero.
Un secondo mito narra di Dafne sfuggita ad Apollo e trasportata in un baleno a Creta, ove divenne Pasife.
La Madre Terra fece poi crescere un lauro là dove si trovava Dafne e Apollo intrecciò una corona con le foglie dell’albero ponendosela in capo.
Con la corona di lauro (“dàfne” in greco significa, appunto, lauro, alloro) erano incoronati i poeti d’amore.

Testo di Paolo Bottero